Accademia degli Artisti

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Vincitori La Fiabastrocca 3° edizione

Le premiazioni

Primi tre classificati Concorso La fiabastrocca sezioni, fiabe, filastrocche, poesie.

Vince la terza edizione nella sezione Fiabe l'autore  Zaccaria Sakkis (Milano)
1° Classificato







L'autore ha presentato una fiaba intitolata "Cosa capitò al topolino stupidotto"
Ha donato più di 300 copie di tutti i suoi libri ai bambini dell' orfanotrofio dove si è svolta la premiazione,
i libri dell'autore poichè in eccesso rispetto ai bambini, sono stati regalati anche ai premiati presenti per i loro bambini.
Ringraziamo l'autore per le centinaia di copie cui ha voluto fare omaggio.




COSA CAPITO’ AL TOPOLINO STUPIDOTTO


C’era una volta una mamma topo con tanti topini. Non sapeva esattamente quanti ne avesse perché non era capace di contare.
Tra i suoi topini ce n’era uno particolarmente viziato e stupidotto. Aveva sempre qualcosa da chiedere alla mamma. “Oggi voglio che tu mi porti del formaggio, mamma, ma quello buono” (aveva  gusti raffinati).
“Vedrò figliolo, ma fuori dalla nostra tana c’è il gatto che ci attende, devi aver pazienza.”
“No, no, il formaggio lo voglio adesso, subito!” e picchiavi le zampine sul pavimento. Ogni giorno tirava in ballo qualcosa di nuovo.
“Mamma, voglio vedere la televisione, andiamo, andiamo. Non farmi arrabbiare.” E iniziava a piangere se non si faceva subito quello che voleva lui.
“Mamma, voglio dell’acqua. Mamma, voglio andare a fare una passeggiata…” e via discorrendo con altre richieste.
Un giorno si avvicinò alla sua mamma. “Mamma, voglio che tu mi faccia un vestito.”
“Ma figlio mio, hai mai visto dei topi vestiti? Cosa mai stai chiedendo?”
“Voglio un abito, voglio un abito” si mise a gridare, “ho visto un cane vestito ed era bellissimo, e inoltre stava al calduccio. Lo voglio anch’io, ho freddo!”
Insistette talmente tanto che la mamma  stanca di sentirlo, decise di cucirgli un vestito. Trovò degli stracci pesanti, gli prese le misure e cominciò a tagliare e cucire.
“Voglio anche i pantaloni perché voglio che le mie zampette stiano al caldo, li voglio ben aderenti, come danno di moda adesso.”
La povera mamma cosa poteva fare? Cercava in tutti i modi di accontentare il suo figliolo. Dopo tante prove, finalmente il vestito fu pronto. Il topolino viziato era molto contento, indossò il suo abito e se ne andò in giro orgoglioso e impettito. Certamente l’abito lo comprimeva, gli rendeva difficile camminare, ma che importanza aveva? Nessun altro aveva un vestito simile, si differenziava da tutti i suoi fratelli e cugini, tutti lo guardavano con curiosità e lui pensava di essere ammirato.
“Mamma, voglio anche un paio di scarpe!”
“Vuoi le scarpe? Ma come ti è venuto in mente?”
“Si, ho visto dei ragazzi per strada ed erano molto belli, fammi questo favore, mammina. Sarei bellissimo, fammi le scarpe. Non ti chiederò più altro.”
Cosa poteva fare la madre? Trovò altri stracci, si mise a cercare quelli più grossi, li taglio e si mise a cucire. Quando le scarpe furono pronte, gliele fece provare, riprovare, e infine riuscirono una meraviglia. Il topolino se le mise ai piedi, camminò, camminò.. che bello era! Certamente camminava in modo strano, molto buffo ed era anche in difficoltà perché gli creavano dei problemi, ma pensò “Mi abituerò.”
I suoi fratellini ridevano alle sue spalle, ma il nostro topolino era felice e non capiva nulla di ciò che avveniva intorno a lui.
“Avanti, è notte, andiamo a procurarci del cibo, ognuno per proprio conto, e stando ben attendi a non imbattervi nel gatto. Guai a voi allora!” disse la madre. Dal piccolo buco uscì per prima la mamma e si guardò intorno.
“Via libera” disse, “andate subito.”
Uscirono uno in fila all’altro, correndo. Il nostro topolino vestito non poteva correre molto e rimase per ultimo. Diede un’occhiata intorno: silenzio. Annusò a destra e a sinistra e avanzò verso la porta. Annusò di nuovo: dei buoni odori provenivano dalla cucina. “Bene” pensò, “andiamo da quella parte. “Ma la stessa idea era venuta anche al gatto perché anche lui aveva fame.
Quando il topolino vide i suoi due occhi fosforescenti là dentro, fu preso da una gran paura, cambiò direzione e si mise a correre velocemente. Che guaio però! I vestiti lo ostacolavano; li aveva voluti molto aderenti e le sue scarpe erano una tragedia: nello sforzo di correre inciampava e cadeva in continuazione, era un disastro. Il gatto, a grandi balzi, lo raggiunse. Si fermò un attimo e pensò: “Che strano topolino è mai questo! Però aveva fame. Fece un altro balzo.
“Mamma, mamma!” si mise a urlare il topolino.
Il gatto aveva spalancato la bocca e “Flap! Il topolino si trovò in una prigione dove tutto gli faceva male. Però il miracolo avvenne: gli stracci dell’abito  del nostro amico provocarono un tale starnuto al gatto che il topolino si trovò catapultato parecchi metri più in là, giusto in tempo per rifugiarsi sotto un armadio sotto al quale il gatto non poteva entrare.
Soffriva tantissimo e dopo un po’ gli venne anche una fame terribile. Il gatto ogni tanto miagolava, introduceva una zampa con la speranza di raggiungere la sua vittima, ma fortunatamente il topolino era ben protetto. Dopo ore infinite di dolore e di fame, si udì una dolce musica: era il ronfare del gatto, che ad un certo momento si era addormentato.
Il topolino uscì cautamente dal suo nascondiglio  e  piano piano, con gran dolore, raggiunse la sua tana. Cadde subito tra le braccia della sua mamma piangendo, Lei gli tolse il vestito e le scarpe, gli lecco le ferite, lo baciò e dopo pochi giorni tutto era a posto. Però zoppicò per il resto della sua vita, ma da allora divenne un altro: gli passarono le idee strambe, mai più chiese dei vestiti, ed era diventato un topolino normale, solo zoppicante, perché potesse ricordare così la sua avventura.     




Secondo Classificato   Marco Managò con


Il pescatore dei sogni



Il Lago dei Sogni era una grande distesa d’acqua limpida che si adagiava tra le colline del Paese delle Idee. Aveva una forma abbastanza allungata e irregolare, quasi a forma di pesce. Circondato dal verde dei campi, si poneva come un’incantevole gemma tra le piccole cime.
Gli abitanti del paese erano fieri del gioiello a portata di mano e spesso si recavano ad ammirarne il panorama. La fama del lago era conosciuta quasi ovunque. Nei dintorni, per chilometri e chilometri, non c’erano altre distese d’acqua e non era possibile neanche confrontare due diversi laghi. L’unica eccezione era un piccolo fiume, sempre ricco d’acqua, anche d’Estate, che scendeva dalle montagne più alte e si perdeva all’interno del lago.
Il nome del corso d’acqua era Fiume dei Pensieri e mai nome si considerava più azzeccato visto che andava a rifornire il Lago dei Sogni, per giunta nel Paese delle Idee!
Il fiume seguiva un percorso abbastanza tortuoso e lungo, tanto da giungere nelle acque poco profonde del lago con velocità modesta.
I pochi pescatori del luogo si mostravano a giorni alterni, scoraggiati dal poco pesce presente sia nel fiume sia nel lago; alcune volte sembravano davvero delle statue con la canna fra le mani, immobili, con un pretesto per sonnecchiare o ricordare i tempi andati.
Le acque, fresche anche d’Estate, a causa dell’altezza, non permettevano a giovani e adulti di poter fare un bagno. Eppure il divertimento era assicurato, anche giocando a riva, con bastoncini, fiori, piante o lanciando i sassi per creare dei vortici.
I bambini rappresentavano l’altra grande ricchezza del paese, visto che erano davvero tanti e scorrevano nelle viuzze in gruppi, come uno sciame, come dei fiumi di energia.
Perla e Rubino erano proprio due di questi: due ragazzi di dieci anni di età, ottimi studenti, capaci anche di divertirsi fra le vie e i luoghi del paese senza annegare fra i compiti e i libri.
Perla era davvero una bella ragazza, magra, con dei lunghissimi capelli castani che teneva sempre al vento nell’ammirazione del suo amico Rubino. Il viso di Perla era grazioso e addolcito da un piccolo punto nero, un neo appena sotto il labbro inferiore. Rubino era un ragazzo magro, alto, innamorato della bellezza della sua amica ma un po’ timido nel rivelarsi.  
L’incantevole bellezza del lago, del fiume e del paese non erano riusciti a far pronunciare una parola di più a Rubino né a rivelare la sua grande passione per quella sua “amica”.
Era il suo sogno: trovare il coraggio di rivelarsi a Perla e vivere al fianco di lei, per tutta la vita. Un sogno che è comune a tantissimi cuori innamorati ma, delle volte, duro a sbocciare del tutto e a vivere alla luce del giorno.
La Domenica era il giorno della Festa anche al Paese delle Idee e tutti ne approfittavano per riposare, per chiacchierare all’aperto o per giocare.
Perla e Rubino si ritrovavano spesso al lago per giocare, da soli o con altri amici, l’importante era trovarsi lì. Rubino, poi, dava l’impressione di essere totalmente immerso negli occhi e nelle parole di Perla tanto che la presenza, eventuale, di altri amici non lo disturbava né lo condizionava molto.
Un pomeriggio di una Domenica d’Estate, i due ragazzi si ritrovarono per l’ennesima volta nei pressi del lago a passeggiare e ad ammirare la natura intorno. Oltre a loro c’era qualche isolato pescatore che s’illudeva di trovar qualcosa in fondo al proprio amo.
Visti da lontano, nel loro rimanere immobili, i pescatori sembravano davvero parte del paesaggio, come alberi proiettati nelle rive: le loro braccia e le canne da pesca parevano dei rami protesi verso le acque.
I due ragazzi si avvicinarono a uno di questi, di loro conoscenza e ne approfittarono per scambiare qualche parola. Chiesero notizie sul bottino di pesci ma la risposta fu negativa: nonostante il tanto tempo trascorso, seduto su quelle comode rocce a picco sul lago, nessun pesce era caduto nell’inganno.
La discussione fra i tre si fece subito molto interessante.
“Signor Batol, come mai non ci sono molti pesci in questo lago?”. Chiese Rubino al pescatore.
“In questo lago non ci sono pesci”. Sentenziò Batol.
Perla, un po’ sorpresa, esclamò “Eppure le acque sono limpide e ne ricevono sempre di nuova dal fiume!”.
“E’ vero, è quello che dovrebbe essere naturale, come in tutti i laghi del mondo…”. Fu il commento del pescatore.
“Cosa ha di particolare il nostro lago?”. Domandò, incuriosito, il giovane.
“Ricordi il suo nome, vero?”. Ribatté Batol.
“Sì, il Lago dei Sogni”. Rispose Rubino.
“Ebbene, è proprio così, ci sono solo i sogni, nient’altro”. Spiegò Batol.
“I sogni? Com’è possibile, cosa vuol dire?”. Chiese Perla.
“Vedete, cari ragazzi, il Fiume dei Pensieri conduce qui dell’acqua piena di riflessioni di tutta la gente del mondo, tutto ciò che passa per la mente, sia ciò che è bello sia ciò che è brutto. Il tutto si miscela e si condensa in queste acque un po’ ristagnanti del lago”. Continuò a spiegare il pescatore.
“E lei cosa ci fa qui con la canna da pesca?”. Lo incalzò il ragazzo.
“Io pesco i sogni”. Fu la replica.
“I sogni?”. Domandarono, a una voce, i due ragazzi.
“Sì, pesco proprio quelli, è difficile trovarli fra tutto ciò che vive in queste acque ma ogni tanto qualcosa affiora e riesco a tirarla su”. Vi domanderete cosa ci faccia. Beh… non li porto via dal loro ambiente naturale, li osservo, li leggo e li conto”.
I ragazzi rimasero ammutoliti.
Il pescatore continuò a chiarire “Dopo averli letti, li getto di nuovo nel lago perché continuino a vivere e a prendere forma pian piano. Sono tanti desideri inespressi e non soddisfatti ma il fatto che ci siano e che si creda in essi può farli realizzare”.
“Ma quanti sono questi sogni?”. Domandò Rubino un po’ preoccupato.
“Sono migliaia, li segno su un mio quadernino e sostituisco quelli realizzati con quelli nuovi che, fortunatamente, crescono sempre più, ogni giorno”.
Dopo qualche secondo di silenzio, utile per concentrare l’attenzione dei giovani, il pescatore riprese “Attenzione! Ne vedo uno affiorare sul pelo dell’acqua… Devo prenderlo, guardate: è quello con una grande lettera R e un’enorme P, entrambe a forma di gemma. Lo solleverò soltanto pochi secondi dall’acqua, giusto il tempo di rendere ciò che è vostro; lasciandolo germogliare fra le vostre dita. Io andrò via subito dopo, voi non gettatelo di nuovo nel lago perché si tratta di un sogno realizzato: quello del vostro Amore, tra gemme preziose, nato nel Lago dei Sogni...”.
La canna da pesca tirò su il Sogno…





3° classificato Roberto Corridori con


Il circo quella notte che era Natale



La sera della vigilia il circo ha dato  spettacolo in pompa magna. Tutto quanto poteva fare una luce è stato sfruttato. Il nano ha dato il meglio di sé collegando spine e ciabatte, così che tra scariche e scintille è sembrato un genio del male.
La donna cannone pareva un confetto, d’un colore rosato, anzi una torta di quelle a più piani con ricami di panna montata. Portava una tunica larga che denotava una certa eleganza, nonostante se la fosse cucita usando dei paramenti da chiesa trovati in un viaggio. L’orango è stato il migliore, azzeccando alla grande l’esibizione, schioccando un gran bacio sulla guancia della donna cannone e ammiccando verso ciascuno, mentre l’uomo serpente sibilava dall’alto arrotolato alla fune e sporgeva più che poteva la lingua, dipinta di un verde scuro. Poi cascate, lazzi e frizzi, sberleffi, mentre il domatore fingeva di volersi far obbedire dal nano che indossava un costume da belva, anche se era difficile capirne la specie. Dal fondo, il gatto Mimì sorvegliava ogni cosa, approvando paziente quanto al momento accadeva.
Spettatori però solo qualche curioso che ha applaudito alla fine senza grande entusiasmo e pensando soltanto che adesso può andare al cenone con la famiglia. Il tendone si vuota e la gente se ne va borbottando qualche saluto e già non ricorda della gente del circo che il vociare e l’odore della pista bagnata per non far sollevare la polvere. La donna cannone si sente uno straccio perché in una notte come questa il circo ha ben poco da festeggiare, si daranno un abbraccio e poi si scambieranno gli auguri che, tanto lo sanno, avranno poco valore. Nevica fitto e fa così freddo che non si capisce se il gelo sia fuori oppure dentro nel cuore. Restano all’aperto un altro pochino a guardare la notte stellata, persi nei propri sogni che san bene di non avere speranza.
Ma ecco che si vede una luce che percorre la strada. Poi un’altra e poi ancora un’altra. Della gente cammina tracciando la neve alla luce di alcuni lumini.
<<Cosa c’è?, Dove andate?>> domanda il domatore. <<E’ nato un bambino>> gli viene risposto <<Proprio questa notte, nella casa che c’è in fondo alla valle. Ognuno di noi porta un ciocco che almeno stia al caldo in questa notte da lupi>>.
La donna cannone cambia addirittura la faccia e dichiara decisa << Io vado>> E si dirige in fondo allo spiazzo dove un albero secco pende sbilenco. Allunga la mano che sembra un badile e con uno strattone deciso lo svelle da terra. Poi parte.
Gli altri per un po’ non hanno parole, poi fanno spallucce e seguono a ruota. La donna cannone, con il suo albero al seguito, apre la pista. Fa freddo ma la donna cannone sembra una vaporiera, sbuffa, suda e la condensa si innalza come fosse in pressione. Segue l’uomo serpente che sembra trainato come può esserlo un carro ponte con sopra una gru. Poi viene il nano che sporge dalla neve solo il berretto, poi l’orango che dentro una sciarpa si tiene stretto il gatto Mimì. Il domatore chiude la fila, voltandosi spesso scrutare la coltre di neve e facendo attenzione che per caso non segua il suo vecchio leone, che è pur vero che è morto da tanto, ma lui è anche certo che non se ne può essere andato davvero per sempre.
Sbuffando e tirando sono presto sono alla casetta, dove alcune persone son fuori sbirciando oltre la soglia. Si ferma il convoglio e anche la donna cannone si ferma per vedere che c’è. Una giovane donna è seduta con in braccio il bambino più bello del mondo. Si commuove la donna cannone e singhiozza nel suo modo di sempre che fa tremare il cielo e la terra. Stringe la mano all’uomo serpente e per lui è come una scossa, si può dire che non stia più nella pelle, perché lui da sempre la ama senza sentirsi di dirle mai nulla. Fa un bel sospiro, raddrizza le spalle, ricambia delicatamente la stretta e con la mano libera vorrebbe accarezzarsi i mustacchi che  possedeva una volta quando al circo faceva il “gigante” ed era un vero colosso. Ma si è mai visto un serpente coi baffi?
In quel cielo stellato qualcuno in effetti dev’essersi accorto dei singhiozzi della donna cannone, si incuriosisce e d’improvviso  ricorda quanto anche a lui è capitato, un’altra volta ma proprio in un’altra notte così. E allora ritiene sia giusto mandare un stella ad illuminare quella brava gente che è al freddo e si possa sentire così un poco più calda. Non è una gran stella e neppure una stella cometa, data l’ora tarda e che le altre son tutte impegnate, ma si intona alla gente del circo e sembra quasi faccia parte del gruppo. Si illumina comunque tutto, anche il viso della donna cannone, dell’uomo serpente, del nano, del domatore e dell’orango che stringe al petto il gatto Mimì.
Appena discosto, la neve decora il mantello di un vecchio leone che di fatto non c’é. E adesso è Natale.




SEZIONE FILASTROCCHE PRIMI TRE CLASSIFICATI

1° POSTO  LAURA FREDIANI CON LAURETTA E BEPPOTTO


LAURETTA E BEPPOTTO

Qui si narra l’avventura
d’una donna in miniatura
col marito mal sposata
che al fin s’è separata.
Per lui credeva la poverina
d’esser l’amata mogliettina,
ma si accorse tristemente
di valer meno di niente.
Tanti anni ha consumato
dietro a un pazzo scatenato
che campava la famiglia
disprezzando moglie e figlia.
Ogni giorno una litigata
per la casa mal spazzata,
ogni sera un battibecco
per questo o quel sospetto.
La battaglia è stata dura
con assalti da paura!
Ad un passo dal tracollo
la Lauretta ha detto “Mollo”.
L’ha mollato per davvero
quel Beppotto cupo e nero
rifugiatosi all’istante
nella casa di Sestri Levante.
Un’audace decisione
che solleva un polverone:
il ruggito della coniglia
fa scoppiare un parapiglia.
Per i parenti dello sposo
è assai turpe e vergognoso
che una donna pia e mesta
abbia osato alzar la testa.
Lei benestante e all’antica
non doveva far fatica
a ingoiar di tutto e in fretta
per l’adorata figlioletta.
Ma la sposa ormai l’ha fatto
ha già infranto il sacro patto:
per l’amore giurato un dì
non meritava di viver così.
Nella casetta di Quinto al mare
 ora è passato il temporale:
mamma e figlia vivon  felici
con meno soldi, ma più amici…



2°CLASSIFICATO ISABELLA COLUZZI CON IL CAVALIERE FORTUNATO

Il cavaliere fortunato

Al galoppo va un bel cavallo
con la sella rosso corallo
cavalcato da un cavaliere
con lo sguardo un po’ crudele
ma il coraggio senza frontiere.

Corre corre il bel cavallo
spronato dal cavaliere
che come un bravo timoniere
lo guida verso un sentiero
che di fortuna è foriero.

A un tratto il bel cavallo
ecco là che ha un abbaglio
e inciampa come per sbaglio
disarcionando il cavaliere
che a terra si ritrova su un forziere.

Dolorante si rialza il cavaliere
e si domanda cosa contenga quel forziere
poi lo apre e sbalordito
lancia un grido sbigottito
di monete d’oro e d’argento è imbottito!

Pensando allora il cavaliere
a quanta fortuna contiene quel forziere
vuole dividerla con la sua amata
e di nuovo salta in sella
per correre dalla sua bella



3°°CLASSIFICATO  SERENA RIFFALDI CON POLVERE DI STELLE

POLVERE DI STELLE

Luce riflessa di luna splendente,
talmente chiara che sembra di latte,
in questa notte una stella cadente
porta una fata che le sue ali batte.
Dormi bambino, chiudi i tuoi occhi,
una magìa darà vita ai balocchi,
poiché la fata con la sua bacchetta
ti renderà questa notte perfetta.
Mentre ti accingi a contar pecorelle
sarai toccato da polver di stelle,
chiuderai gli occhi, mio dolce tesoro,
ed il tuo viaggio allor prenderà il volo.
Non avrai ansia e nemmeno paura,
avrai un compagno in questa avventura,
tra tutti i giochi il tuo prediletto:
sarò l’orsetto che ti porti a letto.
Vedrai allora che, per incanto,
avrai anche ali per volare in alto.
Un cavallo a dondolo galopperai
in prateria più veloce che mai.
Nella riserva sarai un indiano
che con il fumo fa segni lontano.
Diventerai nel Far West un bandito
che il suo grilletto controlla col dito.
Sarai poi anche uno scaltro pirata
col suo veliero sull’acqua agitata,
troverai d’oro un baule assai pieno…
Del tuo trenino sarai il capotreno.
Troverai cani che sanno parlare,
tigri e leoni coi quali giocare.
Se sei goloso potrai anche trovare
torrenti e case da bere e mangiare.
Visiterai una foresta incantata,
potrai giocare anche insieme a una fata.
Diventerai  forse un elfo o un folletto,
dormirai all’ombra di un rosso funghetto.
Sveglia bambino, apri i tuoi occhi,
tornan nel cesto i pupazzi e i balocchi,
ora la fata se ne vola via,
è terminata anche questa magia.



SEZIONE POESIE

1° CLASSIFICATO PIERO BARONE CON  LACRIME DI PRIMAVERA



Lacrime di Primavera

Ho incontrato la pioggia
in un giorno di marzo
che inseguivo nei monti il mio io,
disperso,
ho incontrato la pioggia con le sue mille dita,
a percuotere intorno una nenia di vita,
che sgorga nei rivi
che anima i fossi,
respira il torrente in fondo fra i massi,
sospinta dal vento
che ormai più non punge,
mi brilla negli occhi
il cuore raggiunge,
lenisce ricordi di perse emozioni,
in questo universo che schiude alla vita
d'un tratto
ritrovo quell'anima sparita,
è bagnata di pianto la mia faccia più vera,
ma dentro splende il sole
di un'altra primavera.



2° CLASSIFICATO MARCO MANAGO' CON  LE NOSTRE MANI

(l’amore di una coppia down)

         Ad Alessandro e Gaia




Le nostre mani sanno accarezzare
forse più di quelle degli altri
sfiorano guance rosa d’ingenuo amore
e fanno sognare fantasie immense
che nessun altro intende.

Le nostre mani s’incrociano sempre
e stringono l’intesa più bella.
Le nostre dita sfiorano i nostri corpi
accendono speranze e passioni
mettono in moto desideri
che solo chi non ama non comprende.

Ci amiamo più del vero
e quando il grezzo palmo di lei
sfiora il mio cuore
è come se ne fosse aspirato
fino a farne parte.

Le nostre mani aprono sentieri di sogni
tra buie strade di grigiore
e da quando un giorno ci dissero
di non poter essere madri e padri
io carezzo la pancia di lei
che la mia mano sente crescere
sempre di più, sempre di più, di speranza.

Le nostre mani predicono il futuro
e ci fanno specchiare nel sicuro domani.
Esse non stringono denaro
non armano coltelli
non firmano divorzi
si muovono d’amore.

Le nostre mani hanno divelto catene
ci hanno fatto complici
per essere soli e liberi
forti in una stretta di mano.

Le nostre mani...
per il nostro amore...
unico e infinito...
e lo chiama diverso
solo chi, oggi, se l’è perso!


3° CLASSIFICATO CARMELO LODDO CON BIBLIOTECA


Negli scaffali polverosi
stupito un libro
recita una rima;
attorno pagine ingiallite
attente ascoltano,
mentre una nuvola d'acaro ricama.
Versi sapienti!
Bellezza e onore
spalancano gli occhi alle persone.
- Suggestione di antica poesia - .
Mentre lingua si dipana
e cerca,  ama, ma...
è solitaria!
Nell'incontro di anime inquiete vaga
lasciando la sua traccia.
Riposti e tutti attenti
sconosciuti versi
di poeti profondi ed incompresi
somigliano a liturgie dei sensi.


GRAZIE A TUTTI PRESENTI E NON PER LA PATECIPAZIONE

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