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Santino Mirabella

Le premiazioni


SANTINO MIRABELLA

1° Classificato e due Menzioni d'Onore per il Giudice Santino Mirabella al Concorso Nazionale La Fiabastrocca 2013.
Eccellente la poesia del Giudice Mirabella di Catania dal titolo "ORFEO E EURIDICE", un titolo che avrà anche un libro omonimo.


Il cieco ardire non è una filastrocca tipica ma una morale di vita che riguarda un pò ognuno di noi,
Santino Mirabella in rime riesce ad esprimere tutto il non comprendere della vita e delle delusioni che ne derivano...
una filastrocca a mio parere e quello dei giurati che è anche una lezione di vita alla vita stessa e al mondo.
In questa filastrocca molto significativa troviamo un autore complesso nella mente e nel modo di vedere la forma vitale che lo avvolge... in un unicità molto rara di espressività malinconiche e profonde che ne fanno un autore fuori dalla norma.
Appare evidente in Santino Mirabella l'addentrarsi in un tutto, cui gli sfugge la vera comprensione umana nei riguardi del mondo e della vita, tipica dei grandi filosofi greci e ancora oggi campioni assoluti nel loro filosofeggiare che nei secoli si sarebbe confrontato poi con la l psicologia e la scienza stessa poichè anche ciò che è scientificamente appurato nasce da un pensiero non confutato e basato solo su un idea. Il Giudice Mirabella mostra chiaramente i suoi approfondimenti classici letterari anche nella sue poesie nella forma olre che nel pensiero.

1° Classificato  Santino Mirabella
Il cieco ardire

Mondo cieco  E cieco ardire
Dell’insano  Divenire;
mentre resta quanto basta,
sembri vera questa casta;
ed imbrogli i sotterfugi
dentro i quali ti rifugi.
Mangi il cuore E poi lo sputi
Coi tuoi sensi Sempre muti.
Guardi il mondo Ma attraverso,
fissi il sole che ora hai perso.
Credi sempre  Di riuscire
A condurre Il cieco ardire;
credi ancora che sia steso
chi di dentro è solo offeso.
Credi qui Ora e adesso
Sia presente Ancor più spesso,
chi ti ha amato anche lo stesso;
chi ti ha amato come un fesso.






Menzioni d’onore

Santino Mirabella

Orfeo e Euridice

"Ho scelto il tempo che ancor mi resta
per vederti sempre come allora,
quando dai bordi della tua finestra,
sbirciavi sempre il mio passare ancora.
E come un vento indeciso, a volte,
sentivo nei tuoi sguardi l'amore;
e come un sogno disperato, forse,
mi regalavi gli occhi e le tue ore."

"Io ti cercavo, prima ancora di vederti,
e il sogno di cui parli era il toccarti;
sognarti, quando il sogno non svanisce
e dal suo fiore illogico fiorisce.
Io ti aspettavo, anche prima di saperti,
e dal primo sguardo fu come averti;
quando non ti sentivano le mani
e ogni mia emozione era il domani"

"Domani è la parola più nascosta,
che svia qualunque tuo perché;
quale domani v'era senza te,
quale respiro, poi, se non t'accosta?
Già mi chiedevo dov'eri solo tu,
già lo capivo che non vivevo ormai:
se l'espirare era sol la metà
del respirar con te, lo sai."

"E proprio te sognavo
il giorno in cui me ne andai;
perché di solo amore ho amato
e i tuoi baci sognati amai.
E non sapevo che mancava poco,
che era l'ultima volta ormai,
quando quel dio crudel che sai
morte mi impresse come un gioco."

"Amore, che solo amore avrai...
Se vuoi tornerò sempre, lo sai,
se del canto ancor mi vorrà Ade
per umiliarmi coi sassi sulle strade;
canterò tutti i cuori che hanno pianto
e qualcosa accadrà ancor, lo sento,
perché quel maledetto e nero inferno
non mi fu detto fosse qui, eterno.
Io, vedrai, saprò ancora ritornare
e trovare le parole da imbrogliare
per quello schifo che ci dicon vita
e senza di te non è più vita.
Io vedrai, vedrai: verrò nascosto,
da morto forse mascherato, un giorno;
e se non maschera sia, e se non serve...
forse non sarà solo un ritorno.
O forse sarà l'unico modo
per poterti vivere per sempre;
o per rapirti, trovare un nido
all'inferno, nel cielo, all'infinito."

"Orfeo, se l'amor parlasse
avrebbe le tue parole.
Ché non capisti mai, amore,
che pel tuo amore ti voltai:
per la tua vita, per il tuo sole
non ti volli prigioniero mio:
se di sole ti sa il mio ricordo
di sale volli vestirmi anch'io."

"Amore, che di amor sai sol vestirti;
non domandiamo versi o sogni scritti:
per quei secondi che qui viviamo,
se sogno o vero...non domandiamo.
Scendiamo via dagl'altri sguardi,
da chi sta solo a giudicarci;
e i momenti, che sembrano eterni,
d'eterno avranno il nostro amarci."


Scrivere per l'infanzia non significa solo essere divertenti, i bambini capiscono molto più dei grandi e si è grandi anche da piccoli per intendere.
La Fiaba di Santino Mirabella riprende il suo Eterno combattimento tra ironia e malinconia nei confronti della vita e delle aspettative che riponiamo in essa.

Menzione d'Onore
Santino Mirabella

Solo un mare, e il suo lato oscuro


È vero che non tutto quel che appare apparirebbe vero; le cose bisogna saperle raccontare.
E io non so come spiegare i perché e i per come, so soltanto che mentre mi cullo nella serenità, vi è sempre qualcosa che si sveglia per sé, scordandosi che di sé non ci si può occupare in esclusiva quando si vive con gli altri.
Anzi, come nel mio caso: negli altri.
Che dentro di me covasse un lato oscuro, un miscuglio di ombre autonome, l’avevo sempre saputo.
Chi mi guardasse distrattamente, potrebbe sospirare, anche pensare a quel che di calmo ha sempre avuto in mente, o ritenuto normale in un mare.
Ma le onde raramente le decido io: spesso è quel vento invidioso che non sopporta di vedermi in pace, riposato, attento ma sereno; e mi scompiglia la schiuma come capelli, e mi ferisce l’equilibrio come uno schiaffo.
A volte è la pioggia che mi raggiunge; anche lei non sopporta la quiete e irrompe nel mio ritmo per forzarmi con il suo; e metodicamente mi punge, mi punzecchia come a rimuovermi d’imperio. A volte, penso, forse le gocce voglion solo far l’amore con le mie, raggiungerle per divenire una cosa sola, in un momento, in quel momento irripetibile che solo con il fondersi può spiegarsi (o provare a farlo).
Ma io non mi curo: ho tanta strada avanti, tanta strada dietro, e non so dove comincio e di finire so, ma non ci penso; perché la mia fine, in fondo, fa parte di questo mondo ma di questo mondo altro non so che l’orizzonte.
E l’orizzonte è un punto che non mi spaventa, perché si allontana e mi crea la sensazione che tutto sia infinito, che la mia strada sia infinita come questo moto andante che sgranchisce le mie profondità.
Ma dentro me sento che qualcosa non va, che quello che mi spaventa non è fuori.
Oh, anch’io mi accorgo di quando è notte e di quando è giorno: perché la luna è amica e si riflette con dolcezza, disegna un percorso d’argento in movimento sulla mia superficie, sempre meno violento pian piano che scivola giù.
Ma il sole mi stanca, mi percuote tutto il giorno e, anche se è nuvolo, io lo so che è solo per nascondersi e darci l’apparenza delle cose che non sono.
E sudo; sì, anche il mare suda, perché a quel sole devo pur rispondere e non ho voce.
E a volte gli protesto contro, e con l’aiuto di un vento improvvisamente amico riesco a vorticare le mie gocce e salire dove il sole non può pensare mai; e lo inseguo per fargli capire che non mi deve sfidare.
Ma dentro…
Io lo so che i pericoli dovrebbero venire da fuori, ma la serenità è mia, è personale, è il mio equilibrio.
E so che da un momento all’altro quel che mi dorme dentro pretenderà la vita.
E come un coltello, queste cime mi taglieranno.
E come forbice questi alberi spingeranno, perché è il loro momento; e non sarò io a scegliere.
E come uno scherzo, quello che avevo anche scordato in me, riemergerà sicuro, da padrone a cui non si può dire di no.
Io, il mare, che da sempre ho posseduto il mondo, ne sono solo uno dei tanti schiavi; e se da oceano voglio pensare, per tutti sono solo un mare.
Un mare che ognuno pensa di poter giocare a proprio uso, tagliare come questa isola che mi dormiva dentro e che sapevo che prima o poi sarebbe voluta ritornare.
Perché io resisto a tutto, tranne a ciò cui non so resistere.
Perché sono solo un mare; e voi tutti siete il mio bisturi.


Carmela Russo  Giambattista Ganzerli







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