Accademia degli Artisti

Vai ai contenuti

Menu principale:

Mauro Pietro montacchiesi

Soci Onorari

                                      


Pagina personale del Poeta e scrittore Mauro Pietro Montacchiesi
Socio Onorario dell'associazione culturale "Accademia degli Artisti"



                                                          




Nota biografico-curriculare di Mauro Montacchiesi
Nato a Roma il 28-06-1956-Dipendente BNL-Paribas-Di formazione cattolica
Accademico, poeta, scrittore, saggista, recensionista, presidente e membro di giuria.
Socio Benemerito Carta e Penna


http://www.cartaepenna.it/autori/montacchiesi.html





Alla mia malinconia

Pur s’è confuso tra le fioche luci il tramonto.
Il mondo non s’è accorto
delle tue dita intrecciate alle mie,
nell’oscurità di cobalto
che inizia ad ammantare il creato.
Gioisco dal mio balcone,
del delirio della maestà di luce
calante sopra le cime, laggiù.
Talora, similmente all’acciaio,
mi si incendia un lembo di tramonto
in mezzo alle dita.
E mi sovvengo di te, del tuo cuore assillato
dalla stessa malinconia che vedi in me.
In quale landa dal cuore arido eri in quel tempo?
Per quale motivo mi avvolge
l’intero sentimento, repentinamente,
allorché mi ritrovo malinconico
e ti percepisco distante?
Dalle mie mani mi son scivolate le poesie,
quelle che di solito leggo al calar delle tenebre.
Ogni volta, ogni volta che mi lasci al tramonto,
mi sento come le vette laggiù,
risucchiate dal vortice del buio.

Mauro Montacchiesi







Parlo a te
Tra argentee foglie di betulle
e purpuree,
delicate campanule,
brandelli cadenti di una vecchia baita,
della solitudine fanno vibrare il tormento.
Parlo a te,
distratto viandante,
che coi scarponi chiodati
t'inerpichi per le balze scoscese,
verso il picco di montagna.
Dal tuo alpestre peregrinare,
stacca un attimo la mente.
Guarda lì:
un Crocifisso corroso dal tempo,
un Cristo nudo e abbandonato.
Il Suo Sacro Cuore:
per il tuo oblio,
Uomo,
lacrime zampilla
di rosso dolore!
Ha freddo quel Cristo
e trema,
e trema,
per la freddezza del tuo cuore!
Non ha bisogno di coperte,
ma del fuoco del tuo Amore!
Rivolgigli
un devoto pensiero,
una breve preghiera!
Ricordati
la corona di spine,
il martirio che ha patito per te!
Adesso si,
puoi tornare alle tue balze,
or che il Suo respiro,
sacro e silente,
insieme al vespro t'ammanta!

Mauro Montacchiesi

 

Tu ed io

Liberamente, come colombe dispieghiamo le candide ali,
tra improvvise, profonde emozioni di colorate fantasie,
volando, aliando, planando
tra impalpabili misteri di vento d'oriente,
tra palpitanti respiri di umide organze aurorali.
Proprio lì, in quel frammento di indaco cielo,
mentre le tenebre in gramaglie cedono ai primi flebili,
arabescati intarsi di Apollo,
dalla sua culla vagisce un neonato, tenero zefiro.
Balsamico, inebriante elisir, il suo afflato pervade,
simile ad un tremulo, fioco raggio di stella,
i nostri cuori intrecciati,
gli struggenti, mai relegati all'oblio,
indelebili ricordi delle tue, delle mie verdi primavere,
ormai disperse negli ineluttabili, vorticosi meandri del tempo.
Liberamente, come colombe dispieghiamo le candide ali,
tra lo scandir vibrante di labili secondi che sembrano,
poi, disintegrarsi, ricompattarsi in attimi eterni.
Tu ed io, Amore mio, tu ed io,
tra sorrisi di sonnacchiosi, sornioni edelweiss,
in quella baita lontana dal mondo, dal tempo.
Noi due, il tuo volto, il mio volto,
accarezzati da dolcissima brezza,
respirando gli iridescenti colori dell'immenso universo,
respirando il risveglio del pulsante cuor della natura...
delle aromatiche resine, delle roride verzure,
degli aulenti boccioli in gemma...
respirando la melodia di un dolce aèdo,
di un menestrello usignolo.
Tu ed io,
abbracciati in una favola variopinta,
d'improvviso senza materia, senza confini,
in questo momento,
mentre i secondi hanno bloccato il loro scandire,
per dipingere con pennelli fabbricati di brezza,
sulla tela ad olio del tempo,
un azzurro myosotis,
un dionisiaco "nontiscordardimé",
per intarsiare con rubino fioretto di rossa passione,
su granitica roccia in eterno,
unici, immortali ricordi...di te...di me!

…tra la brezza il tempo
Fresca, autunnale, fragrante,
intrisa di rigogliosa campagna,
con ritmato, armonioso, soave scandire,
cade la pioggia ialina,
dai nembi, di grigio piombo dipinti!
Voci, vibrazioni umane,
smettono di propagarsi, nel ciel di librarsi!
Dell'ormai antico, fuori moda calesse,
non s'ode più lo stridulo, cigolante clamore,
né della giovin contadina s'aderge più in alto
la soprana melodia,
la soprana melodia, gioiosa,
del suo agreste idillio!
Festoso, lingua penzoloni,
scodinzolando s'accosta,
un bonario, candido cane pastore,
alla ricerca, chissà, di una semplice,
ma sincera, affettuosa carezza!
Ed il maestoso, smeraldino di pioggia,
sempreverde cipresso,
di guardia alla pieve, più in là,
ad irrorar di resina quel suo magico aroma!
Anatre zuppe di pioggia, fuor dalla corte,
correndo, scuotendo le ali,
libere e felici starnazzano!
Passa ansimando, sbuffando,
pittoresca, una locomotiva del tempo che fu!
Dal campanile della struggente, romanica pieve,
d'un cupo acuto,
si disperde tra la brezza il tempo,
simile al respiro d'una vita lontana dalla luce!
In controtempo con lo scandir della pioggia,
indisturbati, beccano due passeri solitari,
sui cristalli velati di bruma!




...di questa magia
Di pura,
sorgiva linfa errabonda,
flessuoso, d'argento,
melodiosamente borbogliando,
il ruscello fluisce davanti a me e le pallide,
gialle primule e le violette campanule,
gli son d'onor damigelle.
Vieni, mia dolce Arianna,
vivilo, respiralo anche tu.
L'acqua briosa e cristallina,
sta armonicamente fluendo
e neonate gemme di viole stanno vagendo,
non solo per me, ma anche per te!
La mia anima, in estasi,
non può che inebriarsi, di questa magia
ed in questo momento,
Arianna, Amore mio, Amore mio, Arianna,
fusa vuol con la tua respirar!
Anche in questo calar della sera,
il cielo si tinge d'un crepuscolare turchese,
e d'oro, quei lumi lassù, si destano per una nuova,
scintillante, divina veglia notturna!
Di questo sacro dì, che flebil volge ad occaso,
sta lentamente sfumando la luce,
che passa lo scettro alle seducenti tenebre
di una notte di fiaba!
Il libero volo dei candidi alcioni,
alati gigli del cielo,
che rauchi in ghirigori gorgheggiano,
tra i piccoli, candidi cirri, lassù,
riverbera negli occhi della gente per strada.
Non ci sono uomini che si fanno la guerra,
ma soltanto uomini che si stringono la mano
e che si domandano: -Stai bene? Come va?
E poi, senza timori e vergogne, si dicono:
-Fratello, Amico mio, io ti amo! Sul serio!
Giunge da lontano, evanescente, sfocato,
disperso nel tempo,
di bambini un vivace, allegro vocio!
Stanno tirando calci al pallone,
nel ruvido dell'oratorio campetto !
Li conosco tutti! Li ho visti crescere,
come quel campetto ha visto crescere me,
prima di loro!
E' la vita che inesorabile scorre,
che si per fortuna rinnova!
Sono sicuro che loro avranno più opportunità di me!
Lo so, apprenderanno molto di più,
di quanto io abbia mai appreso!
La mia anima è in estasi, non può che inebriarsi,
di questa magia,
Arianna, Amore mio, Amore mio, Arianna,
del vespro in questa magica tela dipinta,
alla mia anima unisciti, in armonia respira con lei,
in armonia respira con me!

...gioioso soave aprile
Aliena vibra
oltre i candidi piccoli cirri
amena
una serena armonia di carillon
..inizia a planare
sulle ali appuntite
sulla coda forcuta
di nero-azzurra una rondine
musicale dolce araldo
del tuo variopinto sbocciare
gioioso soave aprile
..ed è festa
ed è subito festa
di iridescenti riverberi
di misteriose emozioni.
Come estroso pittore
morbido
posi il pennello sulle foglie sui rami
poi intarsi di bianche rosa rosse azalee
delle case terrazzi e finestre
con fili di trina trapungi il velluto dei prati
di campanule mammole e ribes
al passar del tuo zefiro la delicata carezza!
Mentre respiri
stupìte si schiudono gemme
di azzurri giacinti di viola bianchi lillà
mentre respiri
di pura linfa i torrenti
sulla campagna sinuosi incidono
preziosi intricati merletti.
Sciami di coccinelle api farfalle
trapuntano di iridescenti riflessi l'aere terso
e lì
proprio lì
sotto
tenui raggi di sole
stanno a baciar le delicate corolle.
Gioioso soave aprile gemma preziosa
concerto al vivere sacro arcana melodia
tra i ghirigori del cuore riporti alla vita
antichi struggimenti mai del tutto sopiti.
Magico moto dell'anima.
Abbandono
all'incanto della natura
al tenero fluir di quel mite tuo zefiro
all'ebbrezza di mille fragranze
alla pace di questa armonia
nel sogno che tu non sia sogno!

Una liturgia mistagogica
Nel mio labirinto di specchi
si rifrange il glissando di una cetra orfica!
La mia scettica acatalessia
non mi comporta, invero,
di comprendere se sia lo stesso,
mitico aèdo Orfeo, col suo plettro,
a blandirne le corde!
E laggiù, in quel mio diorama,
in quella mia grande tela di scene dipinte,
dove giochi di luce tutto fanno sembrare reale,
ma dove tutto è una Fata Morgana,
laggiù,
nei penetrali, nei plessi più reconditi del mio labirinto,
avverto, senza vedere,
una liturgia mistagogica che mi centripeta,
che mi coopta,
ma che poi mi centrifuga verso l'ascetica anagogia,
verso la catarsi dell' anima,
unici egressi dalla reclusione della materia!


Anabasi
Anabasi di un urlo agghiacciante
klimax che flebile nasce da
imi precordi d' un labirinto plumbeo
urlo agghiacciante
che invade la mente
la mente
fiume abiotico velato di bruma
urlo agghiacciante
che rompe gli argini
che si aderge libero impetuoso
nell'etra priva di voci di suoni
nell'etra muta
urlo agghiacciante
finalmente libero dai limiti asfittici della materia
urlo agghiacciante
sinapsi tra
imi precordi d' un labirinto plumbeo.
Come in un turbine…
Il mio labirinto sembra
il tourbillon di un inchiostro di pece,
il delirium tremens stereòide(*),
la rotazione illusoria
che circonda l'assenza di materia,
e in quest' assenza di materia,
rimangono paradossalmente sospese
le sue platoniche anamnèsi,
le sue idee,
a lungo meditate nell' iperuranio,
prima di questa nuova metempsicosi!
Come in un turbine, lì,
paradossalmente,
girano alberi, stelle,
vibrazioni di melodie aliene,
rapsodie parapsichiche!
Come in un turbine,
un turbine bièco,
come un tunnel che mai approda alla luce!
Il mio labirinto,
è un asse di rotazione
che su sé stesso come una trottola prilla,
solo in virtù di un'asimmetria delle sue cupe voragini.
Il mio labirinto,
è come un pianeta senza materia
nella cui orbita ellittica quella trottola prilla,
ma inutilmente
e soltanto perchè un'orbita
deve pur avere un pianeta per esistere!
Il mio labirinto,
è un abisso senza materia,
ma con i limiti imposti dalla materia!
Il mio labirinto,
è la leva d'appoggio di qualcosa
dove però non poggia nulla!

L'Oasi
Racconto premiato con la Medaglia d' argento del Presidente della Repubblica, quale Premio Speciale
al VII Concorso Vittorio Alfieri di Asti - anno 2008 -
Era l'anno 1962 ed avevo 6 anni quando, per la prima volta, misi piede all' Oasi. L'Oasi era, ed è tuttora, un importantissimo centro di riabilitazione motoria, con sede a Roma, in via Ardeatina, a poche centinaia di metri dalla casa in cui sono nato. La via Ardeatina nasce come moderna diramazione dell' Appia Antica, esattamente dall'evangelico: Domine, quo vadis? Dal punto, cioè, dove Pietro, fuggente, incontrò Cristo! Dopo circa 3 km si incontrano le, ahimè, famigerate Fosse Ardeatine. All'epoca il cartello “ROMA” si trovava proprio davanti alla sinistra inferriata delle Fosse Ardeatine. Noi stavamo al quarto km, per cui, stavamo “fuori Roma”. Andavamo all'asilo prima e alle elementari poi, dalle Suore Orsoline di Via Tasso, “A ROMA”.
All'epoca c'era un vecchio autobus, o meglio una vecchia diligenza del Far West, che passava, quando passava, ogni due ore e che faceva la linea: Scala Santa (vicino la triste via Tasso)- Santuario Madonna del Divino Amore. Una madre a turno accompagnava tutti i bambini a scuola. Altri tempi!!! !
Ho narrato ciò per evidenziare il fatto che, all'epoca, quel tratto della via Ardeatina era aperta campagna, per cui, eravamo pressoché isolati dal resto del mondo, a parte l' Oasi dove, calzoncini corti e calzettoni, approdai per la prima volta, perché invitato a giocare da due fraterni amici d'infanzia, Graziano e Lino, i quali abitavano all'interno dell'area di pertinenza dell' Oasi stessa.
La loro madre vedova, santa donna che si era dovuta sobbarcare da sola il ménage familiare con due figli piccoli, era dipendente dell' Oasi ed aveva lì un alloggio di servizio. .
A noi si unirono altri due amici coetanei: Maurizio e Stefano. Eravamo, dunque, 5 ragazzini di cui: 2 interni e 3 esterni.
L'abitazione di Graziano e Lino era, per meglio intenderci, una sorta di dependance della struttura del centro vero e proprio. L'abitazione si trovava vicino ai parcheggi e, quindi, a livello con la via Ardeatina, mentre la vita dell' Oasi si svolgeva in un vastissimo piazzale rialzato al centro della struttura, al quale si accedeva tramite ascensore. I nostri erano i giochi dei bambini dell'epoca: un immancabile pallone, le figurine della Panini Modena ed un mazzo di carte da briscola. Un giorno, però, Graziano e Lino ci “introdussero” al piazzale, zona vietata per gli esterni.
E lì, lo racconto con un grande magone, noi 3 esterni venimmo a contatto con una realtà che oggi, senza presunzione alcuna e con grande umiltà nel cuore, potrei accostare a quella di umano dolore che trovò il Buddha quando fuggì dalla reggia paterna.
Tanta gente sulle sedie a rotelle!!!
Babini, giovani, vecchi!!!
Rimasi immediatamente colpito dall'accoglienza gioiosa e fraterna che i paraplegici riservarono a me e agli altri due sconosciuti! Da quel giorno i nostri giochi bambini si ampliarono, perché si trasferirono al “Piazzale”. Infatti, sul Piazzale c'era il bar con bigliardino, flipper e tavolo da ping pong.
Le nostre vite divennero un giornaliera, costante simbiosi con il piazzale e con gli “amici” del piazzale. Uno dei primi paraplegici che conobbi fu Giovanni Pische, sardo, ex ufficiale dell'Aviazione Italiana, abbattuto nella battaglia aerea di Malta nel 1941. Giovanni era fondatore e Presidente dell'A.N.S.P.I. (Associazione nazionale sport paraplegici italiani). Giovanni vinse svariate medaglie d'oro alle para-olimpiadi di Tokyo 1964. Lasciato l'agonismo, si dedicò all'organizzazione dello sport che ebbe, ed ha tuttora, un grande ruolo per quel che riguarda il recupero psico-fisico dei paraplegici. Poi conobbi Antonio, centralinista dell' Oasi. Amico fraterno che ancora frequento. Antonio è calabrese. Era operaio a Torino quando cadde da un'impalcatura. Quando tornava dalla Calabria era un banchetto collettivo: vino come l'inchiostro, olive e salami piccantissimi, formaggi, dolcetti vari… ma all'epoca non avevamo problemi di colesterolo e soprappeso.
Successivamente conobbi Giuseppe Trieste, calabrese anche lui. Giuseppe, all'età di 13 anni, cadde da un albero e addio colonna vertebrale. Con Giuseppe, tra le altre cose, abbiamo frequentato, nei primi anni '70, l'Accademia Britannica di Viale Manzoni, a Roma.a.
Andavamo con la sua macchina, perché io non avevo ancora 18 anni. L'Accademia Britannica aveva, ahimè, delle strettissime scale a chiocciola. Helen, la Preside, inglese ovviamente, la prima volta era preoccupata, ma poi si rese conto che il lavoro di équipe, di Giuseppe e mio, non conosceva ostacoli architettonici. Giuseppe, con il placet di Giovanni Pische, mi portò in alcuni paesi dell'Europa Occidentale: Francia, Inghilterra, Belgio, Germania, Austria. Giuseppe era infatti all'epoca, il più medagliato degli atleti italiani ai vari para-giochi italiani, europei, mondiali, olimpici. Lo chiamavamo, alla romana, “ER MEDAJA”! Giuseppe primeggiò per anni in varie specialità: corsa, gymkhana, tennis da tavolo, tutte le specialità del nuoto, tiro con l'arco! Un vero fuoriclasse!!! Pensate: soltanto ai Giochi di Roma 1974, conquistò 13 medaglie in 13 gare!!!
Da anni Giuseppe è un affermatissimo uomo d'affari! Sottolineo che, senza cinismo da parte mia, quando a seguito dell'incidente arrivò a Roma, economicamente non se la passava per niente bene! Un fulgido esempio di reazione alle avversità della vita! A proposito, non lo conobbi sul piazzale, ma all'ingresso dell' Oasi, sulla via Ardeatina, in un lago di sangue! Era uno scavezzacollo e guidava un motorino a tre ruote per paraplegici che quel giorno gli si ribaltò a causa della sua guida “allegra”!
Oltre ad essere un affermatissimo uomo d'affari, Giuseppe Trieste oggi è, tra le altre cose, Presidente dell'A.N.T.H.A.I. (Associazione nazionale tutela degli handicappati e invalidi) e di F.I.A.B.A. (Fondo italiano abbattimento barriere architettoniche). Casa sua e gli uffici di ANTHAI e FIABA, sono dei veri e propri templi allo Sport che, tuttavia, non bastano a contenere le centinaia di coppe, medaglie, targhe, lauree Honoris Causa, diplomi, attestati, ecc. Giuseppe è un modello da seguire da parte di chi, ahimè, ha subito un handicap!
Ho conosciuto anche Franco, ROMANO DE ROMA. Proprietario di un prestigioso ristorante del centro storico. Grande pokerista e fratello maggiore di tutti, sempre pronto a dare saggi consigli e supporto psicologico a tutti, anche a noi “bipedi”. Si, proprio lui a noi e non viceversa!a!
Poi ho conosciuto Angelo, Paoletto e Bruno, tre tetraplegici. I più disgraziati! Oltre alle gambe, avevano problemi anche alle mani, ma con una mostruosa voglia di vivere.
Angelo e Paoletto, ovviamente in tempi diversi, si erano tuffati ad Ostia in un punto dove l'acqua era troppo bassa!
Bruno, invece, aveva ricevuto una doppia razione dal destino: era un ex paracadutista! Durante un'esercitazione ebbe problemi di “paracadute”! Si era un po' ripreso dall'incidente, quando, similmente ad Angelo e Paoletto, si tuffò nel punto sbagliato!
Ovviamente la lista dei nomi sarebbe interminabile!
Per un periodo fu costituito anche un gruppo musicale di cui, l'unico “bipede”(così ci chiamavano loro) era Maurizio, batterista!
Gli anni passavano ed insieme ci spostavamo sempre di più dall' Oasi che, però, rimaneva sempre il punto di riferimento!
Insieme andavamo al mare, in discoteca, in pizzeria, allo Stadio Olimpico! Era l'epoca della musica rock ed eravamo di casa al PalaEur dove venivano tutti i maggiori gruppi dell'epoca: Carlos Santana, Frank Zappa, Pink Floyd, Jethro Tull, Deep Purple, Emerson Lake and Palmer, Super Tramp, Genesis, Banco del Mutuo Soccorso, Premiata Forneria Marconi…Spesso la sera, soprattutto all'aperto, ci facevamo delle scorpacciate di pizza, spaghetti, bucatini, cocomero…insieme a noi partecipava, ovviamente, parte del personale medico e para-medico. Organizzavamo tornei di carte, ping pong, pallacanestro…Noi “bipedi” ci sedevamo sulle sedie a rotelle e formavamo una squadra che, puntualmente ed ovviamente, prendeva delle batoste incredibili. Naturalmente non avevamo la loro forza di braccia. Il tempo passa inesorabilmente e noi “bipedi”, uno alla volta, siamo andati a fare il militare. Io mi sono arruolato nell'Arma dei Carabinieri. Prima ho frequentato la Scuola Allievi Carabinieri di via Carlo Alberto Dalla Chiesa , a Roma (stranezze del destino, due anni fa sono venuto ad abitare di fronte alla Scuola), poi ho frequentato la Scuola Sottufficiali Velletri-Firenze.
Sono stati tre anni particolarmente duri. Più volte ho pensato di mollare! Sapete cosa mia ha dato la forza? Il ricordo dei ragazzi dell' Oasi! In quei difficili momenti mi chiedevo:- Chissà, loro, cosa darebbero per stare al posto mio! La vita, si sa, propone, o forse obbliga, strade diverse per tutti e così ci si perde di vista! Gli anni sono volati! Nel 1996 mia madre, con la quale all'epoca vivevo, fu colta da ictus. Ero solo e disperato! Non sapevo cosa fare! Mi preoccupavo, soprattutto, di mia madre, della dignità di mia madre! In quei giorni, dopo tanti anni, ho incontrato (sarà stato un caso?) uno dei ragazzi dell' Oasi, il quale mi ha spalancato le porte del Centro.o.
Mia madre tre mesi dopo è morta, ma sono convinto che l' Oasi è stata lo strumento che Dio Onnipotente ha usato per tutelare l'umana dignità di mia madre, donna che ho amato smisuratamente. Sono convinto che Dio si è ricordato di me! Quanto ci sarebbe da raccontare!!!
Dio esiste!!! Ciao!!!

Torna ai contenuti | Torna al menu